Riflessologia in Hospice: una coccola terapeutica

Da circa sette anni nell’Hospice dell’Ospedale Bassini è stata introdotta la riflessologia plantare come terapia energetica non convenzionale da affiancare alle cure palliative. Una volta alla settimana una terapeuta riflessologa presta volontariamente e a titolo gratuito la propria attività, che va ad aggiungersi alle già presenti pet therapy e musicoterapia, al fine di portare sollievo e aiuto ai degenti del reparto.

Da più parti, e non solo da pazienti ma anche da familiari e da Operatori Sanitari dell’Hospice, ci sono giunti apprezzamenti molto positivi su questo tipo di intervento e per questo motivo abbiamo deciso di finanziare l’incremento delle sedute che, contrattualmente da gennaio 2022 ma realmente dal 21 febbraio per le limitazioni Covid, hanno ripreso con cadenza bi-settimanale.

Abbiamo chiesto alla Dottoressa Lucia Crespi di spiegarci cos’è la riflessologia, dove è nata e quali sono i suoi obiettivi e benefici. Ci interessava anche capire come lei, personalmente, fosse arrivata a questo mondo e soprattutto perché avesse deciso di dedicare il proprio tempo come volontaria in un contesto così insolito quale è sicuramente quello dell’Hospice.

 

D. Cominciamo col chiedere alla Dottoressa Crespi di presentarsi e lei lo fa non attraverso un noioso curriculum professionale, sicuramente di grande spessore e ampiezza, ma con il racconto del suo percorso di vita e delle scelte che l’hanno portata ad essere quello che è e a fare quello che fa.

Sono una terapeuta nell’ambito delle medicine non convenzionali da circa vent’anni e opero come riflessologa da più di quindici.
Ho incontrato la riflessologia come paziente e me ne sono immediatamente “innamorata” perché oltre ad aver risolto il mio problema fisico personale, ha mosso in me una parte molto profonda, una parte che sapevo di avere ma che nel lavoro precedente (sono laureata in ingegneria) non era mai affiorata.
La riflessologia ha dato decisamente una svolta alla mia vita, e non mi riferisco unicamente all’ambito lavorativo; mi ha fatto capire che la vita va oltre la realtà, che a volte è più importante non vedere che vedere con gli occhi, che dobbiamo “ascoltare” quello che percepiamo in modo sottile, che dobbiamo ascoltarci per capire chi siamo e cosa sentiamo, che ogni tanto dobbiamo tacitare la nostra logica e la razionalità eccessiva per lasciar “parlare” la nostra parte profonda.
Lavoro con le persone ormai da parecchi anni ed è sempre un’esperienza nuova: è sì un lavoro, ma soprattutto è un arricchimento personale e reciproco che nasce dal contatto, dal cercare di comprendere gli altri ascoltandoli, dallo stabilire un rapporto terapeuta-paziente che ogni volta diventa un rapporto tra personalità, emozioni ed energie diverse al fine di creare una sintonia che aiuta a raggiungere l’equilibrio fisico e psico-emotivo nella persona che viene da me in Studio chiedendomi aiuto.
La riflessologia in Italia è una disciplina relativamente giovane e in costante evoluzione ed è un piacere per me, oltre che ovviamente un dovere, informarmi sempre su nuovi studi e nuove analisi, cercare di approfondire aspetti nuovi e tenermi aggiornata su tutte le tendenze e le ricerche attuali che, oggi fortunatamente attraverso il web, arrivano da tutte le parti del mondo.
La riflessologia regala serenità, tranquillità ed equilibrio.

D. Cosa l’ha spinta a scegliere l’Hospice come ambito d’intervento?

È stata, sia per me che per l’Ospedale Bassini, un’esperienza nuova che ha ottenuto dei buoni risultati nonostante, fino ad ora, il trattamento sia praticato solamente una volta alla settimana.
La maggioranza delle persone, ormai, conosce la riflessologia ma forse ne ha una cognizione solamente superficiale e il più delle volte manca un’esperienza diretta.

D. Ci vuole dare una prima sintetica definizione di cosa è la riflessologia?

La riflessologia plantare si basa sull’interpretazione e manipolazione dei punti del nostro corpo riflessi nel piede e, in contesti ordinari, ha un prevalente carattere preventivo.
È una terapia orientale ed antica, estremamente valida sia come metodo d’indagine di disequilibri e sintomatologie, sia come pratica curativa per alleviare disagi e dolori e risolvere instabilità sia fisica che emotivo-psicologica.

D. Dove e quando è nata la riflessologia? Quando è arrivata in Occidente?

La riflessologia nasce in Cina in tempi molto antichi, probabilmente contemporanei alla Medicina Tradizionale Cinese, quindi ha più di 3.500 anni. Era praticata da “terapisti” viandanti. Arriva in Europa all’inizio del secolo scorso, importata in Germania da un’allieva di Fitzgerald e da lì si espande la sua conoscenza anche in Italia e nel resto d’Europa: nascono scuole e viene codificata ufficialmente intorno agli anni ‘50–‘60.
Con l’influsso delle filosofie orientali e accostandosi alla Medicina Tradizionale Cinese e alle influenze Taoiste, la riflessologia occidentale si completa ed evolve nella versione attuale. Il principale concetto su cui si basa è quello olistico (da olos che in greco significa tutto) che vede l’essere umano non come la somma dei suoi organi ma come un insieme composto da corpo, mente e spirito.
Le filosofie orientali hanno sempre tenuto in grande considerazione nell’uomo la dimensione spirituale (shen), difficilmente riescono a concepirlo come un insieme di organi da analizzare singolarmente e in modo separato dall’esistenza globale dell’individuo.
Corpo, mente e spirito sono tre aspetti di un’unica entità e in quest’ottica il concetto di salute e guarigione consiste nella ricerca di uno stato di equilibrio interiore e armonia col mondo circostante.

D: Perché  il riflessologo analizza i piedi e non le mani?

Perché i piedi rispecchiano il nostro modo di camminare nel mondo e nella vita, perché sui nostri piedi grava tutto il nostro peso sia che stiamo fermi sia che camminiamo, perché la nostra postura, il più delle volte scorretta, porta a distribuire il nostro peso in modo disarmonico sui piedi generando distorsioni, pieghe, callosità e altro. La nostra postura scorretta è una espressione del nostro comportamento e quindi del nostro modo di pensare. Potremmo dire che, quindi, i piedi costituiscono una mappa su cui leggiamo tutta la nostra vita.

D.  La riflessologia funziona e quali risultati ottiene?

Il vissuto di un essere umano mediato dalle emozioni è registrato nel corpo e condiziona
il suo stato di salute. Utilizzando delicate tecniche corporee è possibile accedere ai conflitti emozionali non risolti per sciogliere blocchi energetici che finiscono per manifestarsi in dolori e malesseri fisici.
La riflessologia opera al fine di raggiungere un benessere fisico e un’armonia interiore attraverso una tecnica che utilizza la pressione digitale in punti specifici del piede: mappe molto precise indicano connessioni ben definite tra i suoi punti e ogni elemento del nostro corpo. Manipolando questi punti si stimolano le numerosissime terminazioni nervose del piede e si “dialoga” con recettori del nostro sistema nervoso centrale che sollecitano quindi risposte da parte del sistema endocrino in particolare e da tutto il nostro corpo in generale.
La risposta del sistema nervoso centrale alla manipolazione riflessa, in questi ultimi anni, è stata anche riscontrata e quindi documentata da esami clinici classici come per esempio la risonanza magnetica.

D. Con quali obiettivi viene utilizzata la riflessologia in Hospice?

Nel contesto specifico dei pazienti del reparto si è dovuto selezionare e limitare la funzione della riflessologia a quella sfera di influenza che poteva essere utile a persone che si trovano a dover affrontare i momenti probabilmente più difficili della loro vita.
Pertanto ritenendo fondamentale un “accompagnamento” mentale-psicologico si è usata la riflessologia con l’unico scopo di alleggerire e svuotare la parte mentale per poter donare al paziente anche solo quella mezz’ora di “leggerezza” e distacco dai pensieri e dalle paure che sicuramente lo angustiano e opprimono nella sua situazione.
Il lavoro sul mentale corrisponde alla manipolazione delle dita del piede, quindi delle parti riflesse di sistema nervoso centrale, organi di senso e altro ancora. Lavorando sul punto riflesso di diaframma e plesso solare e lavorando sulla respirazione si è sempre ottenuta una buona risposta per il raggiungimento di un rilassamento abbastanza profondo che spesso nei pazienti allettati porta a stati di torpore e sonnolenza.
Su richiesta specifica la riflessologa lavora anche per una riattivazione o un miglioramento della peristalsi intestinale, su dolori diffusi alle gambe, su gonfiori ed edemi, sul miglioramento della circolazione linfatica e della circolazione in generale e periferica in
particolare.
E questi sono normalmente i punti che si utilizzano in Hospice, ma altri ancora si potrebbero prendere in considerazione se si pensasse di utilizzare la riflessologia plantare come terapia a tutti gli effetti da affiancare alla terapia classica del dolore.
Il feedback diretto dai pazienti è solitamente decisamente positivo nella maggioranza dei casi, non fosse altro che per lo stato di benessere e piacevolezza che più o meno tutti testimoniano per il solo fatto di essere “coccolati” con un contatto manuale.

È capitato anche di dover trattare famigliari e parenti di persone accolte all’Hospice, nel tentativo di dare un supporto che portasse sollievo e lenisse quelle sensazioni ed emozioni pesanti e complesse che sconvolgono le persone vicine al paziente.
In queste occasioni entra in gioco una riflessologia meno conosciuta che si discosta dalla teoria dei punti riflessi stretti, anche se li considera comunque sottintesi. Si dà spazio ad una interpretazione del piede da un punto di vista energetico che rende possibile, attraverso attente valutazioni, la lettura di tratti della personalità, del modo di affrontare situazioni, problemi e rapporti personali e accettare e superare emozioni a volte destabilizzanti.
Entra quindi a trattare con apposite manipolazioni la nostra parte nascosta, la nostra parte emotiva, il nostro modo di “vedere” la realtà, il nostro modo di interpretarla, la nostra capacità di accettarla o meno.
Con questa modalità si riesce a “parlare” con le persone e a liberare quei pensieri e/o quelle modalità di pensiero cui siamo abituati e che reputiamo la nostra normali-tà, per provare ad osservare gli eventi che accadono da un punto di vista più ampio e più elevato.
Il riscontro ottenuto è sempre stato di gratitudine e sollievo da parte di tutte le persone trattate.

D. Può raccontarci qualche caso che l’ha particolarmente colpita, tra i pazienti da lei seguiti?

La Signora A. era una giovane donna perfettamente consapevole della propria condizione di malata terminale. Era tanto consapevole quanto arrabbiata: una malattia al seno, risolta in molte donne, era stata per lei la causa dell’abbandono del lavoro, dei viaggi, dell’autonomia ed anche della sua amata gatta a cui aveva trovato una nuova collocazione.
Venuta in Hospice perché a casa non avrebbe avuto adeguata assistenza, attendeva con tristezza, rabbia e rassegnazione la morte. Spesso parlava di suicidio, della possibilità di fare un suicidio assistito e di quanto la vita fosse ingiusta ed orribile.
In realtà fu aiutata da molte delle attività proposte, dalla relazione e dai medici, infermieri e psicologi che l’avevano in carico. Ma la riflessologia plantare era certamente l’appuntamento fisso a cui non avrebbe mai rinunciato nei mesi di ricovero. Desiderava essere svegliata piuttosto che perdere il trattamento, unica coccola che la faceva sentire al sicuro.
Raccontava di sentirsi accompagnata, accolta e guidata. Talvolta era una guida fatta di tocchi, talvolta era accompagnata dalle parole.
Fu anche l’ultimo trattamento a cui A. si sottopose prima di chiedere la sedazione terminale, l’unico con un potere distensivo e rilassante.
Aveva sempre desiderato un trattamento del genere ed ora lo poteva ricevere, seppure negli ultimi tempi di vita. L’atteggiamento era quello di poter finalmente lasciare a lei il controllo.
In uno degli ultimi colloqui che A. fece con la psicologa, le rivelò che aveva potuto conoscere, in ultimo, relazioni ed aiuti che le avevano fatto comprendere anche un senso più profondo della vita. Tra queste annoverava certamente la riflessologia plantare ed il rapporto con la sua riflessologa che la aiutava a respirare anche nei momenti in cui malattia ed ansia l’affaticavano.


Lucia Crespi
Terapeuta riflessologa

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